Attualità da questa area

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La colonia d'api e l'apicoltura demeter

Pratica e background dell'apicoltura biodinamica: riprende il corso al Goetheanum/Dornach.

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100 anni dopo il corso agli agricoltori

Rudolf Steiner diede il suo corso agli agricoltori nel 1924. Un convegno al Goetheanum ne celebra il centenario.

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Marie-Thérèse Chappaz

Un vino di Marie-Thérèse Chappaz, viticoltrice Demeter, ottiene 100 punti Parker

La celebre pubblicatione « Robert Parker Wine Advocate », un rinomato bimensile americano sul mondo del vino, ha pubblicato una relazione sui vini elvetici. È la prima volta che un vino svizzero ottiene l'eccezionale punteggio massimo (100). Si tratta del vin doux ‘Grain par Grain Petite Arvine Domaine des Claives’ di Marie-Thérèse Chappaz, viticultrice Demeter.

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Hortillonnages di Amiens

Calendario lunare per il giardinaggio

Il calendario lunare Demeter è disponibile in linea (in lingua tedesca e francese). Ausilio importante per pianificare al meglio semine, raccolti e potature, il calendario aiuta a lavorare in sintonia con le forze della natura. I produttori Demeter sono liberi di seguire o no tale calendario.

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Niente modificazione genetica senza regolamentazione!

Una potente lobby di imprese, associazioni nel campo tecnologico e scientifico promuove una campagna finalizzata ad esentare da una parte della regolamentazione prevista dalla legislazione europea i nuovi procedimenti di manipolazione genetica. Se riuscissero ad evitare persino l’etichettaggio, i prodotti potrebbero arrivare sul mercato senza segni distintivi per i consumatori, che non potrebbero più distinguerli da quelli non OGM.

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Sperimentare i sensi attraverso i sensi

Il metodo goetheanistico è spesso inteso come un approccio al senso della vista. Costruire un legame tra fenomenologia individuale e mondo sensibile è però un percorso più lungo e ricco che deve includere anche gli altri sensi, oltre alla necessaria esperienza artistica.

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Sperimentare i sensi attraverso i sensi

Una conversazione con Jean-Michel Florin

Jean-Michel Florin dirige con Ueli Hurter la Sezione di Agricoltura al Goetheanum, oltre ad essere formatore di biodinamica in Francia (MABD, Mouvement de l’Agriculture Biodynamique).

 

Lei ha un forte legame con la natura, nel senso più ampio. È sempre stato il caso?
Jean-Michel Florin: Già da bimbo, ero davvero felice di vivere in campagna. Mio padre era un pioniere del biodinamico in Francia ed era normale il fatto di vivere e lavorare nella natura.Una volta – si era in primavera – abbiamo raccolto il dente di leone e mio padre mi disse che era più importante che andare a scuola. La cosa mi entusiasmo: raccogliere il dente di leone invece che restare seduto a scuola! Certamente questo ha avuto una forte influenza su di me, così come le esperienze con le forze elementari quando ero più piccolo. Come i miei genitori mi hanno in seguito confermato, ricordo che dicevo di aver visto uno gnomo, oppure che la belladonna è una pianta malvagia. Cresciuto un po’, ogni estate salivo all’alpeggio per lavorare in un rifugio di montagna, dove mi capitava di osservare gli animali selvaggi come i camosci, le marmotte e molti uccelli. Il mio amore per la natura, il rispetto e la gioia di lavorare in sinergia con essa vengono dalla mia prima infanzia e dalla mia gioventù.

 

All’epoca sapeva già che sarebbe diventato agricoltore?
In realtà, non volevo diventare agricoltore, e di fatto non lo sono diventato veramente. All’inizio volevo fare un percorso di studi in medicina veterinaria, ma in Francia era necessario fare troppa matematica e la cosa mi sembrava diventare impossibile. Perciò iniziai a studiare l’agricoltura, ma i corsi approfondivano quasi solo l’aspetto tecnologico e gli obiettivi produttivi; ad un certo punto decisi di dedicarmi agli studi di conservazione della natura. Il percorso in agraria partiva però dal presupposto che la natura dovesse essere perfezionata da parte dell’uomo. La prospettiva degli studi di conservazione della natura, invece, andava in direzione del tutto opposta: perlopiù, si considerava la natura come qualcosa di perfetto e l’uomo come il suo disturbatore. La tensione tra questi due estremi divenne per me una nuova spinta verso l’antroposofia, vissuta questa volta attivamente. Mi dicevo che bisognava pure che esistesse un modo per lavorare sulla natura, di aiutare le sue forze formatrici senza indossare la mentalità di chi ne dispone per sfruttarne i frutti. Ero in questa situazione quando mi chiesero di lavorare per l’associazione di agricoltura biodinamica come coordinatore, redattore specializzato e traduttore.
Certamente fu molto gratificante vedersi proporre un impiego, ma da parte mia desideravo essere davvero certo che l’antroposofia e l’osservazione goethianistica mi corrispondessero del tutto. Decisi quindi di concedermi un anno di studi in scienze naturali con Jochen Bockemühl, quasi come un periodo di prova.

 

Che cosa significò per lei l’anno accademico con Jochen Bockemühl e Georg Maier?
All’inizio non capivo quasi nulla e non sapevo che cosa volessero da noi. Non davano spiegazioni di sorta e questo mi faceva girare la testa. Georg Maier, in particolare, poteva trascorrere delle ore ad osservare un oggetto, finché tutti capivano che, in effetti, c’era davvero qualcosa di importante da notare. Bisognava come scivolare dentro quel che guardavamo. Jochen Bockemühl spiegava un poco di più, ma nemmeno lui si diffondeva più di tanto. In questo modo, abbiamo imparato l’osservazione fenomenologica, senza partire da concetti o leggi prestabilite. Enunciavamo noi delle leggi a partire dai fatti e dalle osservazioni. Una volta capita questa premessa, ho trovato il corso estremamente interessante. Era diventato chiaro il fatto che esiste una via scientifica che porta all’agricoltura biodinamica.

 

Qual è per lei il legame tra il punto di vista fenomenologico e il mondo sensibile?
La fenomenologia mi permette di prendere sul serio il mondo dei sensi. Far proprio questo metodo d’osservazione è il primo passo di ogni conoscenza. Quel che si può sperimentare spiritualmente vive, innanzi tutto, proprio come fenomeno, esattamente come quel che viviamo attraverso i sensi. L’esperienza concreta deve essere presa sul serio: questa è la necessaria premessa. È necessario disporre di non poco tempo e poter rallentare rispetto alle altre attività. Bisogna penetrare il fenomeno senza fornirsi spiegazioni belle pronte. Attraverso l’approfondimento, la comprensione interiore di quel che si sperimenta con i sensi, passo dopo passo la spiegazione si manifesta da sé. L’orchidea non ha dei bei fiori solamente perché degli insetti possano posarvisi: i suoi fiori significano molto di più che una semplice piattaforma d’atterraggio. La biologia, invece, è piena di spiegazioni tecniche e riduce tutto a delle funzioni. È abbastanza triste.

 

Qual è per lei l’importanza dei sensi e di quel che insegnano, in relazione al suo lavoro?
Spesso, parlando dell’importanza dei sensi nella ricerca goetheanistica, ci si riferisce alla vista. Tuttavia, il senso della vista è diventato ad oggi quasi problematico. Quando poso lo sguardo su qualcosa, mantengo una certa distanza e la mia osservazione si svolge, per così dire, dall’alto: è il mio sguardo che dispone gli oggetti, fermandosi con leggerezza sulla loro superficie. Cominciai dunque abbastanza presto a chiedermi come applicare il metodo goetheanistico agli altri sensi. Prendiamo il gusto: si potrebbero fare delle degustazioni e poi disegnare o dipingere il gusto. Lo stesso vale per l’olfatto, odorando piante medicamentose od olii essenziali. Voglio dire che quel che viene vissuto con un senso può essere interiorizzato ed espresso attraverso un altro, che lo renda in modo diverso, ma oggettivo, visibile agli altri. Attraverso il mezzo artistico, possiamo avvicinarci alle qualità dell’immaginazione, senza rinunciare alla rappresentazione e alla spiegazione di quel che percepiamo. Se chiudiamo gli occhi e percepiamo gli oggetti attraverso l’olfatto o il gusto, avremo un’esperienza particolarmente legata all’atmosfera. Credo sia davvero importante che gli agricoltori approfondiscano le percezioni legate all’atmosfera.

Per il filosofo e fenomenologo francese Bruce Bégout (Le concept d’ambiance, 2020), l’atmosfera precede la percezione: noi siamo emotivamente precoscienti, già toccati direttamente da un’atmosfera generale, e solo successivamente raggiungiamo percezioni sensoriali specifiche e più coscienti. Tutti sanno che l’atmosfera può cambiare molto da una stanza all’altra, senza però poter dire veramente perché da un punto di vista sensoriale. Si tratta sostanzialmente di uno stato precosciente. Per parte mia, provo a scoprirlo insieme agli agricoltori, in modo da renderli sensibili all’argomento. Ho notato che con loro è particolarmente efficace l’olfatto. Con Steiner, potremmo dire che gli agricoltori possono diventare più facilmente chiaro-odoranti che chiaroveggenti. Prima è però necessario che prendano sul serio le percezioni ed esercitino i propri sensi.

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